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Può succedere in previsione di una crisi acuta di ansia; ma non sono rari i
casi in cui questo disturbo si protrae per giorni, o addirittura per settimane.
Una volta esclusa ogni possibile causa di natura organica, e accertato che di
sola ansia si tratta, restano comunque il forte disagio fisico, e l’imbarazzo
di farsi vedere così da altri.
L’errore che commettiamo, quando
siamo alle prese con il respiro corto, è
quello di aumentare l’attività inspiratoria, nel tentativo di sopperire alla
fame d’aria. Il risultato è una iperventilazione, cioè una respirazione più
frequente, ma anche più superficiale, che non determina un maggiore apporto di
ossigeno, tutt’altro! La distribuzione di ossigeno agli organi diventa perciò limitata,
col conseguente rischio di accusare malesseri come vertigini, affanno, senso di
svenimento.
Per contrasto, il momento dell’espirazione è ridotto ai minimi
termini. Una espirazione superficiale e incompleta, è la manifestazione fisica
di una reazione di difesa contro la paura di ritrovarsi a corto di aria, e
quindi di soffocare. Denota, di conseguenza, anche un’insicurezza emotiva. Per
cui, anche se si venisse indotti ad una espirazione forzata, una buona parte
dell’aria sarebbe trattenuta all’interno del corpo.
Un respiro inibito è un respiro
superficiale, caratteristico di chi è abituato a reprimersi emozionalmente. Esiste un semplice modo per verificare se la
propria respirazione è inibita: basta osservare se, mentre si inspira, la pancia
viene contratta o spinta indietro. In una respirazione di questo tipo, infatti, il
torace viene gonfiato per accogliere l’aria mentre il ventre viene contratto e "risucchiato" in dentro. Di conseguenza, il movimento dei polmoni verso il basso
ne risulta impedito ed entra una quantità di aria decisamente ridotta.
Questa respirazione è caratteristica di chi è abituato a reprimere
le proprie emozioni, per paura o per vergogna (il volersi trattenere dal
piangere davanti ad altri, per esempio).
Un esercizio che permette
di sentire fino a che punto è possibile lasciar uscire l’aria dai polmoni è il
seguente:
Distesi supini con le ginocchia
piegate e le braccia tese lungo il corpo, inspirate e poi lasciate uscire l‘aria
senza forzare i polmoni, ed emettendo un suono. Ripetete per 5 volte, cercando
di emettere suoni sempre più lunghi, senza tuttavia forzare la voce o il
respiro per mantenere la naturalezza dell’esercizio.
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