Che significato ha la preghiera nella nostra cultura? Qual era il suo significato in passato, e quale senso le attribuiamo noi, oggi?
Nella nostra società, e in quella occidentale in genere, il concetto di preghiera rimane sempre più confinato ad un contesto religioso. Abbiamo l’abitudine di dedicare all'atto della preghiera un’importanza e uno spazio che spesso non vanno oltre il tempo e lo spazio dedicati al nostro credo; il nostro è un Dio sempre più astratto, sempre più al di là del confine immaginario che lo separa dalla nostra realtà più concreta e pratica.
Eppure, nel corso della storia dell’uomo, c’è stato un tempo nel quale la preghiera aveva un ruolo tutt'altro che marginale; per alcuni popoli che hanno fatto del loro orientamento religioso una dottrina filosofica e uno stile di vita, è così ancora oggi.
La preghiera nasce originariamente da un bisogno di contatto con il Divino e con la propria identità spirituale, che non sarebbe poi altro che una prova della manifestazione del divino in Terra.
Le antiche civiltà consideravano l’esistenza del Divino come qualcosa di ovvio e naturale, allo stesso modo in cui potevano esserlo l’acqua o la natura.
Gli antichi non facevano nessuna fatica a riconoscere in un’essenza divina l’origine di tutto e la causa primaria della loro esistenza.
Di conseguenza, anche il loro rapporto con il mondo della spiritualità era coltivato e alimentato costantemente. La realtà quotidiana stessa era considerata un riflesso visibile di Dio e del mondo spirituale: Dio come entità intrinseca al mondo, mai trascendentale.
Il culto dei morti, la ricerca di contatti con l’aldilà, l’interpretazione dei fenomeni naturali (come catastrofi atmosferiche, terremoti, carestie ecc.) come messaggi divini, sono tutte prove che l’uomo ha da sempre bisogno di non perdere il contatto con quel mondo spirituale dal quale egli stesso proviene.
Ancora oggi, popolazioni tribali che conservano uno stile di vita più primitivo, in un ambiente a stretto contatto con la natura, lontano dall'urbanizzazione, dagli artifici e dalle tecnologie del mondo occidentale, hanno mantenuto una stretta connessione tra spirituale e terreno.
Per questi popoli, come anche per i seguaci delle religioni orientali, l’idea di preghiera non si limita a semplice supplica o richiesta di una grazia, come invece accade nella nostra cultura; né la sua funzione è ristretta ad un momento di bisogno, ad uno stato d’animo di disperazione, sconforto o dolore.
Nel mondo occidentale, sempre più la preghiera sta diventando qualcosa di uso esclusivo per anziani, malati, figure ecclesiastiche; il più delle volte, essa si riduce ad un biascicare di litanie o a un ripetere meccanico di formule imparate a memoria. In questo, c’è davvero poco o nulla di spirituale.
Accanto a questo tipo di preghiera più comunemente conosciuta, ne esiste poi un’altra che invece somiglia più ad una forma di meditazione.
E’ la stessa forma di preghiera adottata dalle filosofie orientali e dalle popolazioni tribali, e ha la funzione di predisporre ad entrare in contatto con il Sé superiore (identificato con la coscienza superiore che alberga in noi e che rappresenta fonte di verità, ispirazione, consigli).
La preghiera più autentica, infatti, è silenzio della mente: quando la mente tace, lo spirito inizia a parlare perché ci si apre alle energie sottili.
Possiamo quindi in sostanza riconoscere due tipologie di preghiera:
Da un lato, la preghiera tradizionalmente conosciuta, dove predomina uno stato interiore di bisogno che genera disperazione, sconforto, sofferenza o frustrazione per qualcosa a cui aspiriamo e che ci manca.
Dall'altro, la preghiera intesa invece come contatto con il Sé superiore, dove predomina uno stato interiore di pace e gratitudine, poiché essa nasce come forma di ascolto e ringraziamento.
In realtà è umano e legittimo, in un momento di difficoltà, servirsi della preghiera per chiedere aiuto oppure ottenere delle risposte dal nostro Sé superiore che è direttamente connesso con Dio.
Tuttavia, è bene non perdere mai di vista il senso di tutto quello che ci accade: avere consapevolezza che fa tutto parte di un nostro percorso di crescita e accettare quello che ci accade come una prova, assumendoci le nostre responsabilità, sono requisiti fondamentali affinché la preghiera culmini in una realizzazione.
- Preghiera e visualizzazione
Al di là dei limiti umani, la preghiera intesa come ascolto e ringraziamento rimane tuttavia la forma più alta e potente, al punto che è possibile utilizzarla come efficace modalità di visualizzazione.
Come fare a visualizzare attraverso la preghiera? L’infallibilità della tecnica sta tutta nello stato d’animo che sviluppiamo dentro di noi: stiamo parlando di uno degli stati emozionali più potenti in assoluto, e cioè il sentimento di gratitudine.
Nella preghiera di gratitudine, lascio un momento da parte ogni preoccupazione relativa all'esistenza terrena e riconosco di essere il risultato e la manifestazione in forma fisica di qualcosa di infinitamente più grande.
In me riconosco la riproduzione in miniatura dell’ Universo; la mia esistenza non può che essere la prova più lampante che sono fortemente amato, poiché sono stato voluto da Colui che è creatore dell’intero universo e ha chiamato anche me a partecipare di questa sua meraviglia.
Nel momento in cui ricordo e prendo coscienza di tutto questo, ecco che la preghiera si trasforma davvero in un momento sublime di pace interiore, gioia profonda e gratitudine immensa per tutto quello che siamo stati chiamati a sperimentare, vivere e condividere. E diventa essa stessa una forma di creatività.
- Preghiera e miracoli
Quando una preghiera viene esaudita, c’è una buona probabilità che chi l’ha espressa sia parte attiva del miracolo. La fede e la certezza profonda che Dio ci sta ascoltando e ci esaudirà, innesca in noi quell'emozione molto forte di gioia-gratitudine propria di chi ha già ottenuto ciò che chiedeva.
E’ lo stesso meccanismo emotivo di quando visualizziamo e sappiamo che solo sentendoci emotivamente come se avessimo già ottenuto ciò che desideriamo, otterremo per certo quella cosa.
Quando si dice che “la fede è in grado di smuovere le montagne”, si intende proprio questo: la fede è quell'elemento che, se vissuto con intensità, ci permette di modificare le credenze limitanti che albergano nel nostro inconscio, andando a sbloccare i lucchetti imposti dalle nostre convinzioni obsolete e permettendo in tal modo di tramutare qualunque desiderio in realtà fisica. Lasciando andare le credenze limitanti, si accetta la nuova realtà come possibile e se ne permette la manifestazione concreta.
Allo stesso modo che in visualizzazione, l’emozione intensa provata durante la preghiera consente alla credenza di restare impressa nella memoria emozionale; in tal modo la fede permette di modificare le programmazioni inconsce.
Cosa è che rende la fede così potente?
Secondo una interessante teoria, il potere della fede sarebbe proporzionale ad uno stato interiore di disperazione. Quanto più si è disperati,e si sono percorse tutte le possibilità senza ottenere risultati, tanto più aumenta la predisposizione ad abbandonare ogni percorso di tipo razionale e lasciarsi andare alla fede.
La disperazione è quella condizione emotiva particolare che consente di abbandonare ogni resistenza razionale. E nel momento in cui questo avviene, siamo davvero aperti a credere a tutto e ad accettare tutto: quale opportunità migliore per poter accogliere nuove credenze ed abbandonare le vecchie?
Neville Goddard, ideatore del metodo per manifestare attraverso la preghiera, scrive:
“Non si attrae ciò che che si vuole ma ciò che si crede essere vero.” (Neville)
“Il cuore del processo è creare uno stato mentale in cui si sente di aver già ottenuto ciò che si desidera; sia che si tratti di qualcosa di materiale, un tratto caratteriale od il contatto con il divino dentro di voi. La propria immaginazione deve riconoscere ciò che si desidera come già realizzato; nonostante i sensi fisici possano suggerire alla mente il contrario, bisogna vivere in uno stato mentale in cui ciò già esiste.”
Una volta che questo stato mentale è raggiunto nell’immaginazione, Neville ci spiega che è solo una breve questione di tempo perché il mondo fisico esterno rifletta il nostro mondo interiore.
“La preghiera è quindi riconoscere sé stessi essere ciò che si desidera piuttosto che implorare Dio di realizzare i propri desideri.” (Neville)
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